Continuiamo a parlare di Back to Work, il rientro al lavoro dei neo-genitori, delle neo-mamme in particolare. Torniamo da Antonio Oriolo, consulente finanziario indipendente iscritto all’albo dei consulenti finanziari autonomi e titolare dello studio Semplice Investire di Brugherio (Monza e Brianza).
Abbiamo accennato alla child penalty, ovvero la penalità salariale e di carriera che colpisce le donne che hanno un figlio. L’ultimo rapporto dell’INPS fornisce un quadro che è allarmante, riguarda le pensioni delle donne che sono e purtroppo saranno più basse rispetto a quella degli uomini. Quindi Antonio, ci dai degli strumenti per compensare o per almeno minimizzare questo un impatto negativo?
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Origine della child penalty
Per comprendere il fenomeno della child penalty dobbiamo partire dal gender gap perché tutto inizia da lì. Il gender gap è la differenza salariale che esiste tra gli uomini e le donne a parità di esperienza, anzianità lavorativa, formazione, studi accademici. Esiste una disparità di partenza tra le mamme e i papà per vari motivi, anche culturali, ed è qualcosa su cui si potrà e dovrà lavorare molto, ma al momento la situazione oggettiva è questa.
Se a questo tema aggiungiamo il fatto che la donna arriva alla maternità con un’età media più bassa, in Italia 32 anni, mentre gli uomini a 35 anni, il gender gap si allarga ancora di più.
Che cosa determina nella maggior parte dei casi? Il fatto che si arriva alla genitorialità con la donna che, di solito, guadagna meno dell’uomo. Questo poi, a cascata, si riflette nelle scelte di congedi, part time, aspettative.
Arriviamo quindi alla child penalty: da un punto di vista retributivo sappiamo che la donna riesce a recuperare lo stipendio che aveva prima della maternità, solo tra i tre e i cinque anni dalla nascita del bambino. Negli uomini, invece, succede l’esatto opposto, ovvero a sette anni dalla nascita del bambino si osserva una crescita importante della retribuzione, forse associata psicologicamente all’idea di doversi fare carico della famiglia, o magari anche a livello aziendale è un aspetto che viene riconosciuto maggiormente nei loro confronti.
Tutto questo che cosa comporta a livello previdenziale e pensionistico? Che c’è una minore contribuzione al primo pilastro, quello della pensione pubblica che poi elargirà l’INPS raggiunta l’età pensionabile, e ciò determina delle pensioni più basse per le mamme. Attualmente osserviamo che la pensione media delle donne è di circa 1.500€ e quella degli uomini di 2.000€. Il gap esistente alla nascita di un figlio si mantiene per tutta la vita lavorativa, e anche oltre.
Strumenti previdenziali per mitigare la child penalty
Che strumenti abbiamo per provare a mitigare, compensare questo divario? Sicuramente potrebbero esserci tanti interventi a livello pubblico, magari anche a livello aziendale, come portare i congedi al 100% per la donna, o cercare di compensare in altro modo. Nonostante ci sia questa sensibilità, bisogna poi fare i conti con il bilancio pubblico o aziendale… e in ogni caso sono tutte soluzioni fuori dal nostro controllo.
A livello personale e familiare possiamo però fare qualcosa. Esistono degli strumenti che si potrebbero attivare e, normalmente, si attivano con una maggiore consapevolezza tra chi guarda il bilancio familiare nel suo complesso. Questo avviene nelle famiglie che si avvicinano alla pianificazione finanziaria e che quindi iniziano a pensare in modo congiunto alle finanze familiari, il che non significa che io pago una spesa e tu ne paghi un’altra, questo non è gestire in modo congiunto le finanze familiari. Significa avere una comprensione di coppia di quelle che sono entrate, uscite e che cosa si può fare con dell’eventuale risparmio.
In una famiglia che ha una certa capacità di risparmio, nel momento in cui si osserva che c’è questo scompenso di contribuzione della donna, si potrebbe veicolare una parte del risparmio familiare verso il fondo pensione complementare che magari ha attivato la mamma. Il fondo pensione complementare è semplicemente un fondo che contribuirà, oltre alla pensione pubblica, alla previdenza integrativa con una rendita aggiuntiva. Questo, ad esempio, è uno strumento pratico importante che una famiglia che acquisisce questa consapevolezza può attivare.
Io ho diversi casi pratici di questo tipo. Un altro esempio potrebbe essere quello di una mamma che, nella coppia, aveva una maggiore discontinuità lavorativa. Le era stato liquidato il TFR, che poi era finito nel calderone delle finanze familiari. Quando abbiamo fatto la pianificazione finanziaria familiare insieme, questa somma che le era stata erogata a titolo il TFR è stata recuperata ed è confluita nel fondo pensione della donna per una questione di equità.
Questi temi stimolano molto la riflessione. Si parte sempre da un’analisi che porta alla consapevolezza, poi c’è l’azione: l’implementazione è l’ultimo step. Esistono strumenti pratici, sono piccole cose che però possono fare la differenza e mitigare la pension penalty delle mamme.